I “costi” della “pirateria”

Mi chiamo Guybrush Threepwood e sono un temibile pirata!

In una e-mail che ho ricevuto poco fa, mi è stato segnalato un link interessante.

L’articolo parla di un comunicato della BSA, la “Business Software Alliance”, vale a dire la lobby di produttori di software proprietario, di cui Microsoft è magna pars. Tra le altre cose si legge:

Business Software Alliance (BSA) presenta i risultati delle attività di enforcement, civile e penale, sviluppate nel corso del 2010, sia a livello nazionale che dell’intera regione EMEA.
Si tratta di risultati molto interessanti, specie in quanto realizzati nel corso di un’annata non facile per il settore informatico nel suo complesso: infatti, risulta che il “total cost to business” dell’impiego di software pirata è stato di oltre 520.000 euro (quasi 13 milioni di euro a livello EMEA).

[…] si può affermare che il costo complessivo dell’utilizzo di software pirata per le imprese italiane sia cresciuto del 234% rispetto al 2009 (la percentuale è del 110% a livello EMEA).

Soffermiamoci in particolare sull’ultima frase, che ho messo in neretto: qual è il messaggio che si intende far passare? Ovviamente, che il software “pirata” è un costo per il Paese, oltre ad essere una cosa cattiva-cattiva che fanno i cattivi pirati.

In realtà è un modo ingannevole di presentare una notizia. La logica conseguenza dei fatti summenzionati è che se non ci fosse alcun controllo (o enforcement, come dice la BSA), il costo complessivo dell’uso del software “pirata” sarebbe zero. Non solo, bisognerebbe anche calcolare quanto risparmia il 49% delle imprese italiane che usa software “pirata” (dati IDC). Si scoprirebbe così che tale uso è di enorme vantaggio economico e grazie ad esso il nostro Paese non aggrava ulteriormente la bilancia dei pagamenti.

Insomma, la logica dice che il costo per il nostro Paese e le nostre imprese è dato dalla BSA, non dalla “pirateria”.

E quindi? Dobbiamo applaudire i “pirati” come dei patrioti? Ovviamente no. Si tratta comunque di gente che viola una legge – quella sul diritto d’autore – che, per quanto criticabile, va rispettata.

Ma c’è un modo per evitare di essere “pirati”, rispettare la legge e non dover sottostare ai signori della BSA: usare software libero. Quando verranno a controllarvi in ufficio potrete farvi beffe di loro: dovranno andarsene mogi mogi con la coda tra le gambe a cercare altrove i “temibili pirati” (cit).

  1. Tony White
    19 marzo 2011 alle 23:37

    Povera Microsoft, sta passando un brutto periodo… spero che finisca presto (non il periodo).

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    • abba
      20 marzo 2011 alle 13:20

      Ah, ah…bellissimo gioco di parole!!! 😀

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  2. 20 marzo 2011 alle 0:00

    io correggerei la tua ultima affermazione così:
    “Quando verranno a controllarvi in ufficio potrete farvi beffe di loro: dovranno andarsene Moggi Moggi con la coda tra le gambe a cercare altrove i “temibili pirati” (cit).”
    asd

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  3. Danielsan
    20 marzo 2011 alle 0:48

    Quei calcoli secondo me muovono dalla linea teorica che in Italia esista un mercato di produzione del software copioso come in altre parti del mondo, invece il mercato non è affatto fiorente, per questo motivo la caccia alla pirateria è principalmente focalizzata a punire chi duplica musica e film rispetto a chi utilizza software pirata, a memoria non mi ricordo un solo software di larga diffusione che sia stato concepito e realizzato in Italia.

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    • 20 marzo 2011 alle 1:05

      difatti. Esclusi i software per la contabilità (tipo buffetti) che per forza di cose devono essere fatti paese per paese, in Italia non si può certo dire che ci sia una fiorente industria del software.

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      • drake762001
        20 marzo 2011 alle 10:54

        E’ curioso che a livello di sw libero l’italia invece e’ molto produttiva. Leggevo qualche giorno fa un articolo in cui uno dei big del sw libero, non ricordo bene chi fosse, forse Canonical ma non vorrei sbagliare, diceva che dopo gli usa l’italia era il paese a dare maggiori contributi.
        Comunque i calcoli della bsa, o siae, o qualunque altro ente di questo tipo sono ridicoli, perché si basano sul concetto che se ho un sw pirata (o un film) o tolto quei soldi a chi l’ha prodotto. Io sono convinto che se un pirata non avesse la possibilità di usare sw craccato (vuoi per maggiori controlli ecc.) o scaricare film, difficilmente li andrebbe a comprare legalmente, semplicemente ne farebbe a meno e/o userebbe sistemi liberi. Questo per idre che tutti quei milioni di euro in licenze non comprate, in un modno senza pirateria non si convertirebbero in licenze acquistate.

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        • 20 marzo 2011 alle 12:02

          assolutamente vero, tutti gli studi sul fenomeno dello sharing dicono esattamente la stessa cosa, persino quelli commissionati dalle major e dalle organizzazioni dei titolari dei diritti. Ovviamente poi loro propagandano solo la parte che interessa per dimostrare le bislacche tesi che sostengono, ma basta scaricarsi i PDF per intero,saltare i commenti e leggersi solo le tabelle e i grafici nudi e crudi.

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          • 20 marzo 2011 alle 12:24

            beh, in realtà se non si potesse piratare credo ci sarebbe sempre una percentuale di pirati che comprerebbe il sw originale. Quale percentuale non saprei.

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        • abba
          20 marzo 2011 alle 13:32

          “tutti quei milioni di euro in licenze non comprate, in un modno senza pirateria non si convertirebbero in licenze acquistate”

          Questa secondo me è la cosa principale da non dimenticare, cioè che le major tirano fuori dati dove perdono miliardi di dollari perchè fanno l’equazione:
          1 prodotto scaricato = 1 mancato acquisto
          Che è un cagata pazzasca (cit.), perchè sai quanti scaricano roba illegalmente SOLO perchè è lì gratis e non perchè siano veramente interessati.
          Poi certo, se vendono videogiochi a 60€ (http://www.gamestop.it/31886_PC_Call_of_Duty_Black_Ops.aspx) non si lamentino se la pirateria si diffonde come l’olio sulla carta assorbente 😐

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  4. 20 marzo 2011 alle 9:29

    E comunque vorrei specificare che anche se esistesse un software pirata che alcuni si passano (e non perciò film e musica illegalmente scaricati e masterizzati) riguarda ovviamente il mondo Windows, visto che, quando parlo con la stragrande maggioranza delle persone che conosco e usano un pc, se parlo di Ubuntu o Linux Mint mi guardano, come diceva De Gregori, ” …e lui parlava strano e io non lo capivo…” , ma meno male che esiste GNU/Linux, aggiungo io! Ho fatto pure la rima!
    Ciao.

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  5. bondocks
    20 marzo 2011 alle 19:03

    Sebbene alle volte non sia d’accordo con guiodic (perlopiù su altri lidi 😉 )questa volta concordo al 100%

    Oltretutto una cosa che personalmente non sopporto è vedere su una nota rivista informatica del bel paese palesi tutorial su come craccare questo e quell’altro..cavandosela poi con un semplice bannerino rosso con scritto ILLEGALE.
    Come sempre il problema è l’informazione

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  6. Paolo
    20 marzo 2011 alle 19:33

    Secondo me hai sbagliato a mettere in evidenza l’ultima frase: è molto più interessante questa:
    Si tratta di risultati molto interessanti, specie in quanto realizzati nel corso di un’annata non facile per il settore informatico nel suo complesso: infatti, risulta che il “total cost to business” dell’impiego di software pirata è stato di oltre 520.000 euro (quasi 13 milioni di euro a livello EMEA).
    520mila euro? Che vogliamo una colletta? 10 € a testa tutti gli italiani? Stiamo parlando di qualcosa di ridicolo o mancano 3 zeri?
    Comunque io sarei davvero contento se si combattesse la pirateria: sono i pirati i principali alleati dell’industria del SW. Sono convinto che programmi come Photoshop sarebbero sconosciuti al grande pubblico se fosse difficilmente crackabili o se il suo utilizzo improprio fosse severamente punito. Ne trarrebbero vantaggio programmi come GIMP: voglio vedere la “Casalinga di Voghera” a spendere centinaia di euro per una licenza di Photoshop. E lo stesso varrebbe per i programmi di video editing o per Office.
    Per questo motivo quando mi chiedono di crackare qualche programma li mando a quel paese: o usate SW libero o PAGATE.

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    • Hyu
      22 marzo 2011 alle 17:45

      “520mila euro? Che vogliamo una colletta? 10 € a testa tutti gli italiani?”
      In realtà sarebbe meno di 1 centesimo a testa, questo non per correggerti, ma per sottolineare ancora di più la ridicolezza di questa cifra.
      Su tutto il resto hai ragione da vendere.

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      • 22 marzo 2011 alle 18:04

        sì, ma è la cifra di quelli che la polizia sgama in un anno, ovviamente non è la cifra totale.

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      • Paolo
        23 marzo 2011 alle 10:58

        Prima sbaglio con l’italiano, poi sbaglio con la matematica (in realtà volevo scrivere 10 centesimi di euro, che è comunque errato): il rincoglionimento è oramai totale!

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    • 25 marzo 2011 alle 9:27

      Assolutamente d’accordo. Il software pirata è il principale nemico del software libero. Infatti senza essere complottista o paranoico è evidente come NON ci sia la volontà di andare a scovare l’utilizzo di questo software, ne in ambito casalingo ne in ambito lavorativo.
      Anche solo parlando dell’italia, basterebbe fare un’indagine a campione nelle aziende che fanno sviluppo e design web e si scoprirebbe che la stra grande maggioranza usa photoshop, office ed altri software senza l’adeguata licenza.

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  7. 21 marzo 2011 alle 9:12

    “Si tratta comunque di gente che viola una legge – quella sul diritto d’autore – che, per quanto criticabile, va rispettata.” ahahahahahahahahah!

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  8. PerryGi
    23 marzo 2011 alle 15:34

    “Comunque io sarei davvero contento se si combattesse la pirateria: sono i pirati i principali alleati dell’industria del SW. Sono convinto che programmi come Photoshop sarebbero sconosciuti al grande pubblico se fosse difficilmente crackabili o se il suo utilizzo improprio fosse severamente punito. Ne trarrebbero vantaggio programmi come GIMP: voglio vedere la “Casalinga di Voghera” a spendere centinaia di euro per una licenza di Photoshop. E lo stesso varrebbe per i programmi di video editing o per Office.”

    Quoto in pieno, la pratica del “crack” è un veicolo di diffusione di portata enorme per M$, tant’è vero che si incominciano a vedere dei metodi per crackare anche Mac-OSX.
    Di questo fenomeno Guido avevi già parlato, non ricordo dove e quando, ma dicevi che senza tale pratica l’Open Source avrebbe avuto molto più consenso.

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    • Tony White
      23 marzo 2011 alle 16:06

      stesso discorso quando ci fu il boom di Compiz: tutti a cercarlo con emule/amule rigorosamente con crack+keygen. È pubblicità gratuita da cui le case proprietarie ne traggono benefici enormi.

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  9. vinnie
    9 aprile 2011 alle 18:15

    Esprimerò un parere un po’ contraddittorio, prendetelo per quello che è, non sto cercando di darvi torto.
    Non tutti hanno iniziato a usare il computer su un amiga, su un commodore oppure su un calcolatore a schede forate, c’è anche chi, come me, ha cominciato su un pc con windows.
    Quando ho cominciato io, magari linux esisteva già, fatto è che era fantascienza pensare ad internet, al grande scambio di file attraverso la rete e alla fruibilità del software come oggi.
    Questo vuol dire una cosa, almeno io ne traggo queste conclusioni, se al tempo non avessi avuto la “fortuna” di poter usare tanto software piratato probabilmente oggi avrei un 50% di possibilità di non saper usare il pc o comunque di saperlo usare meno.
    Ora prima che parta la polemica, sono anche io per il software free, e infatti oggi che posso usare gimp lo privilegio rispetto a qualsiasi altro programma di grafica, per me vengono prima le controparti libere anche se in certi casi non hanno le stesse capacità degli altri.

    Però ci rifletto e non mi sento offeso dall’attività dei pirati informatici, anche se forse oggi che le alternative ci sono e sono alla portata hanno un ruolo un po’ più ambiguo.

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  1. 20 marzo 2011 alle 9:19

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